OP

Mezzoeuro

Bruno Amantea, l'eremita della scienza

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 27 del 6/7/2013


Rende, 5/7/2013


Nato a Grimaldi, fu uno dei più grandi chirurghi del Settecento. Non lasciò nulla di scritto, ma una scuola di chirurgia che si impose come la più avenzata della sua epoca, introducendo a Napoli le tecniche più innovative

Poche sono le notizie sulla vita di questo illustre scienziato che consacrò la sua vita alla medicina dedicandosi all'esercizio della sua professione con un attaccamento e una passione che non ebbe uguali nella sua epoca.

Nacque il 30 giugno del 1750, da Grimaldi da Francesco Saverio Amantea, di professione medico e da Anna Ferraro.1 Era il quarto figlio di una famiglia benestante, molto numerosa. Il primogenito Gaetano era diventato prete e si occupò dell'educazione del fratello mantenendolo a sue spese nel Seminario di Cosenza, dove era professore di filosofia, e successivamente nel collegio dei Gesuiti dove si dedicò allo studio delle lettere classiche, greco, filosofia e matematica con ottimo profitto. Egli fu talmente brillante negli studi, che a 18 anni fu mandato a Napoli per continuare gli studi.

Sia per l'esempio paterno, sia per una naturale sua inclinazione, sentendosi trasportato allo studio delle scienze mediche, si portò ad apprendere l'anatomia sotto il celebre Gaetano Vetere, e quindi partitosi alla volta di Napoli, unitamente al suo concittadino e compagno di studi Francesco Cerio, ottenne ivi un alunnato nel grande spedale degl'Incurabili.2

L'Ospedale degli Incurabili3 raccoglieva i migliori professionisti della scuola medica napoletana. Tra i più rinomati di quel tempo vi erano Francesco Serao “archiatro regio”, Antonio Sementini, Domenico Cotugno, e il celebre Domenico Cirillo, che ebbe un ruolo principale nella rivoluzione napoletana del 1799 come membro della Commissione Legislativa e fu afforcato nell'ottobre di quell'anno funesto.

In quel collegio vi rimase cinque anni, e superando brillantemente il concorso, fu nominato chirurgo straordinario di quell'Ospedale. Vi soggiornò altri sei anni, insegnando Istituzioni di Chirurgia; e iniziò lo studio dell'anatomia con la dissezione dei cadaveri.

Scrive De Tipaldo:

Tanto acquistò meritatamente di reputazione Amantea, che dopo cinque anni di alunnato fu nominato prefetto, e pochi anni dopo chirurgo ordinario in quello spedale. La prontezza nella diagnosi dei mali i più difficili, l'esattezza de' suoi pronostici, l'aggiustatezza delle sue indicazioni, e la felicità delle sue operazioni, congiunte alle più dolci e soavi maniere, portarono ben presto la fama di Bruno a tanta estensione, quanto potrebbe mai desiderare un giovine della sua età. Fu nominato per universali suffragi dissettore anatomico, e lo studio dell'anatomia in Napoli fu per opera sua un oggetto di entusiasmo per i giovani allievi di quella università. Amantea fu perciò ben presto dichiarato professore del regio ginnasio, e socio ordinario dell'Accademia delle Scienze. L'ostetricia divenne frattanto una delle parti della chirurgia sulla quale Bruno fissò la sua attenzione, onde renderne più facili, e meno penosi i soccorsi.

Considerò l'attività medica come una missione e trasformò l'ospedale nel suo eremo, rinunciando alla sua vita personale. Non volle formare una sua famiglia. Si occupò dei figli del fratello e li sostenne materialmente e moralmente, ma soprattutto adottò la plebe di Napoli a cui dedicò sé stesso con totale dedizione, senza rincorrere fama e denaro. Egli può considerarsi il fondatore della grande scuola di chirurgia napoletana. Raccolse attorno a sé i migliori giovani talenti dell'epoca, e richiamò anche tutti i napoletani sparsi nei vari ospedali d'Europa per introdurre le più moderne tecniche mediche e chirurgiche. Diede un vigoroso impulso alla ricerca scientifica e alla sperimentazione restituendo all'Ospedale degli Incurabili il suo antico primato nel campo della scienza medica.

Nella capitale conquistò fama e onori, ma si mantenne sempre umile e al servizio dei poveri, in conformità allo spirito caritatevole che era stato alla base dell'istituzione dell'ospedale come ente caritatevole.

Un episodio illuminante del suo carattere e dei principi che applicava nell'esercizio della sua professione è il seguente.

Fu chiamato un giorno da potente personaggio ad assistere la conserte nobilissima travagliata da difficile parto; in quella gli si fa innanzi uno del popolo, e lo chiede a soccorso della sua in eguale pericolo, non potendo dividersi in due, pareva non dovesse essere dubbia la scelta; tanto più che quei disgraziati non molto innanzi avevano osato introdursi nella sua casa ospitale e fare un furto considerevole. Pure non ricordando l'offesa si determinò a favore della misera donna, e la campò da morte essa ed un figlio.

Un altro episodio riportato da Emilio De Tipaldo dimostra la sua onestà e il sincero spirito di servizio. Un giorno fu chiamata a visitare una contadina affetta da una grave malattia che nessuno riusciva a diagnosticare e proporre una cura. Egli la curò restituendole la salute, e suo marito, in segno di riconoscenza gli offrì una considerevole somma di denaro, che egli rifiutò. Al suo ritornò volle sapere come una famiglia così povera avesse potuto disporre di una tale somma, e venne a conoscenza del fatto che i poveretti avevano venduto l'unica proprietà che possedevano per curare la donna. Egli ricomprò il podere per trecento ducati e glielo fece restituire senza rivelare il nome del benefattore.

Egli si dedicò con uguale perizia alle operazione chirurgiche di qualsiasi genere ottenendo sempre risultati straordinari.

“Non vi fu parte alcuna, può dirsi di chirurgia, che nelle di lui mani non acquistasse un qualche perfezionamento, né perfezionamento da altri in essa introdotto che a lui fosse ignoto, o sfuggisse al sommo suo criterio in quest'arte”, scrive De Tipaldo

Ecco quanto si legge nella sua biografica scritta da Benedetto Vulpes.

L'estrazione della pietra della vescica orinaria fu la prima delle più importanti operazioni chirurgiche, cui Amantea rivolse la sua particolare attenzione. A quei tempi nella nostra scuola per la cistotomia era ancora in vigore il grande apparecchio, fin dal 1522 inventato e pubblicato per le stampe da Mariano Santo di Barletta. Bruno Amantea, senza essere altri praticamente istruito e manodotto in questa operazione, ma col suo collega Sig. Boccanera leggendo i metodi di operazioni descritti dagli Autori, mettendoli in pratica su i cadaveri, e conoscendo i proprii errori con l'analisi anatomica delle parti tagliate, conobbe i grandi vantaggi dell'apparecchio laterale. In questo si addestrò in modo che, dietro un rigoroso esame, insieme col mentovato collega fu nel grado di essere ammesso come uno degli operatori nel così detto Gabinetto della pietra. Ma chi può dire come il non interrotto esercizio su i cadaveri e su i viventi perfezionasse la sicura destrezza di questa operazione nelle mani del nostro Amantea? In pochi minuti la pietra era già estratta: e l'infermo ricuperava la sanità primiera.

Dopo dell'oprazione della pietra, per quella delle ernie del basso-ventre si rese ancor celebre l'ottimo cerusico napoletano. Distinguendo con sicurezza le riducibili dalle ernie che potevano cancrenarsi, onde per queste si richiedeva la pronta e sollecita operazione; egli con pari velocità vi si accingeva, sapendo su due piedi variare i metodi di togliere lo strozzamento e di rimettere i visceri usciti di sito, a seconda delle diverse circostanze di questa proteiforme malattia. Era ammirabile la delicatezza colla quale apriva il saceo, ed incideva l'anello de' muscoli addominali per evitare l'emoraggie dell'arteria epigastrica.

Per restituire la vista a quegl'infelici, cui l'opacità della lente cristallina impediva che i raggi della luce scagliati dagli oggetti si andassero a riunire nel fondo della retina, felicemente adoperava il metodo della depressione.

Nell'aneurisma al poplite, dovendo ligare l'arteria crurale nello spazio triangolare compreso tra il ponte di Poupart, il muscolo sartorio, e 'l tricipite crurale, egli si serviva del metodo di Pouteau ligando tutto il fascio.

L'arte di raccogliere i parti nelle mani del nostro Amantea, se non ricevé un perfezionamento, si rese però molto utile al genere umano facendo risparmiare la morte a chi dava la vita ad un essere novello. Dopo le felici operazioni del taglio della sinfisi del pube eseguite dal Dottor Ferrara, anch'egli il nostro Amantea ne fece alcune con sorprendente prosperità; e che trovansi descritte in una dotta memoria su l'assunto dall'ottimo suo allievo dott. Galbiati.

Distinguevasi particolarmente il nostro Amantea per la singolare docilità con la quale nei congressi si prestava alle ragionate insinuazioni de' suoi colleghi. Reprimendo i primi movimenti figli del temperamento, nel determinarsi alle operazioni chirurgiche portava quel sangue freddo che non lasciava precipitare ne' suoi pregiudizii. Aiutato dalle cognizioni anatomiche e dal lungo esercizio dell'arte, nell'atto dell'operazione sviluppava quel coraggio e quell'intrepidezza di animo, che Celso richiedeva tra le altre doti di un Cerusico.6

Bruno Amantea si dedicò completamente alla sua professione e non ebbe la voglia e il tempo per documentare le sue tecniche, né illustrare tutte le operazioni che aveva eseguito7. Non volle neanche servirsi dei suoi allievi per per costringerli a scrivere le ricerche, ma li istruì trasferendogli tutto il suo sapere senza alcuna invidia o malizia e questo costituisce il patrimonio più prezioso che lasciò ai posteri. Attraverso i suoi allievi, la sua arte gli sopravvisse e consentì di perpetuare la scuola medica napoletana.

Egli visse in uno dei periodi più tumultuosi della storia del Regno di Napoli, attraversò indenne tutto il periodo della repubblica partenopea, e vide pendere dalla forca tanti suoi cari amici, la prima restaurazione, il periodo napoleonico e la seconda restaurazione borbonica dopo il congresso di Vienna del 1815. Egli si mantenne estraneo a tutte queste vicende, offrendo la sua assistenza e la sua professionalità senza mai schierarsi con nessuna delle parti in causa.

Il carattere morale di D. Bruno era tale che nelle rivoluzioni politiche ci ha rinnovato l'esempio di Pomponio Attico, e nella moderazione delle sue passioni può paragonarsi a Senocrate. Docile, affabile, negligente di se stesso, poco eloquente, lasciava facilmente conoscere l'ingenuità del suo carattere. All'esterne dimostrazioni degli atti di pietà Cristiana accompagnava il fondo d'ogni virtù sociale.

La sua casa sembrava il tempio della pietà; ove i poveri, oltre i soccorsi dell'arte salutare, trovavano le largizioni d'ogni beneficenza. Quante famiglie vergognose ricevevano da lui mensilmente i mezzi di sostenere la vita? Quante donzelle erano da lui fornite di dote? Quante altre dalla strada della perdizione erano ricondotte alla vita Cristiana, ed a se spese erano mantenute ne' Conservatorii. Io non rendo che l'elogio della verità. Egli è perciò che sono costretto a riferire i più luminosi tratti di sua caritatevole virtù, tanto più degna di lode, quanto meno egli cercò di esserne lodato.

Qual oggetto di lode non ci porge quella largizione, che per lo spazio di quarant'anni ei fece di molte migliaia di ducati per mezzo del P. Tornesi della Congregazione della Missione de' Vergini a pro della miserabile gente? Questo solo esempio, che attestato dagli altri PP. Di quella utilissima Congregazione, basta a farci conoscere l'indole dall'uomo di cui tessiamo l'istoria, non cessa di farci risovvenire che né vana ostentazione di merito, né stolta ambizion di gloria mossero e diressero la pietà del nostro Amantea. Essa fu ispirata, sostenuta, e continuamente diretta dalla vera sapienza, e dalla savia modestia; le quali cercano beneficiare altrui, senza che la sinistra sappia ciò che dispensi ed operi la destra. Perché celibe riputò come figli suoi quei d'uno de' suoi fratelli, e finalmente dopo la morte lasciò quello ch'era rimasto in seguito delle sue benefiche largizioni.

Tante doti gli fecero meritare i posti più luminosi. Fin dall'anno 1792 fu scelto professore di Anatomia pratica nell'Ospedale degl'incurabili. Nel 1798 fu nominato uno de' cerusici maggiori della nostra Armata stabilita in Sangermano, in unione di Boccanera, Palma, e Pettinati. Fu scelto professore di Anatomia pratica della R. Università degli Studi, e fu ricevuto nella Società Reale di Napoli nell'anno 1812. Fu aggregato a tutte le Accademie Nazionali. Nell'anno 1815 Ferdinando I coronandone i meriti lo scelse Chirurgo di Camera.

I travagli dell'arte, e la podagra da cui era vessato, lo gittarono in un mortale apoplessia nel dì 10 aprile di quest'anno 1819. Questo malore il lasciò emiplegico e privo del dono della parola, fino a che nel giorno 5 del susseguente luglio lo tolse di vita; e nel dì 7 il i lui cadavere, accompagnato dagli Accademici Reali e da quelli del R. Istituto d'Incoraggiamento, da' professori della R. Università, dagli alunni del R. Collegio Medico-chirurgico, tra i sospiri di tutti gli ordini de' cittadini, e tra 'l pianto de' poveri, fu trasportato nella Chiesa del Monistero de' PP. De' Vergini; ove dal P. Cassitto con maschia eloquenza fu recitata la funebre Orazione. Bruno Amantea fu sepolto nella tomba de' padri de' Vergini; i quali, dopo essere stati in vita testimoni delle di lui virtù, vollero che le di lui ceneri rimanessero confuse in morte con le loro.

Quale era la reputazione di Bruno Amantea è attestato da Pietro Colletta, che racconta quanto l'impressione suscitata dalla notizia della sua morte.

Morì il chirurgo Bruno Amantea, di tanta carità verso i poveri, che la fama di eccellente nell'arte dalla fama di pietoso era vinta. La sua malattia destò all'universale timore ed ansietà, la morte fece versar molto pianto, i funerei officii furono seguiti da tanto popolo che a stento capiva nella strada vastissima di Foria. Di rincontro alla piccola casa di lui si appese una cassetta collo scritto: “il denaro delle offerte servirà ad ergere una cappella votiva pel chirurgo Bruno Amantea or ora morto.” Ma vi si poté in breve tempo fabbricare una chiesa col nome di Santa Maria delle Grazie.

Nel 1822 il nipote Francesco Amantea raccolse in un volume tutte gli elogi funebri e i sonetti composti in suo onore.10


Articolo in pdf


Inizio pagina


C O P Y R I G H T

You may copy it, give it away or re-use it under the terms of the ©opyright rules included at my home page, citing the author's name and that the text is taken from the site www.oresteparise.it.

Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli secondo le @ondizioni elencate nella home page, citando il nome dell'autore e mettendo in evidenza che che il testo riprodotto è tratto da http://www.oresteparise.it/.