E le stelle non stanno più a guardaredi Oreste Parise Mezzoeuro Anno XII num. 28 del 13/7/2013 |
Rende, 10/7/2013
Insieme con il fido Gianroberto Casaleggio il deus ex machina pentastellare varca il soglio istituzionale confrontandosi con Re Giorgio. Sciogliere subito questo Parlamento che non rappresenta il Paese e ritornare immediatamente alle urne. Questa la richiesta al Capo dello Stato, ma sono molti i nodi da sciogliere e quello delle Camere non appare il problema più urgente. La scalata al Colle dei grillini nostrani
L’incontro al Quirinale tra il rappresentante di quello che è il maggior partito italiano e il Capo dello Stato rompe un incantesimo. La richiesta di Peppe Grillo, subito accolta da Giorgio Napolitano, fa crollare il muro d’incomunicabilità che aveva fin qui impedito al movimento uscito vittorioso dalle urne solo qualche mese fa di trasformarle la forza elettorale in un torrente in piena in grado di rivoluzionare il sistema politico paralizzato dai veti reciprochi che impediscono di attuare i necessari aggiustamenti per portarlo fuori dalla crisi.
Alessandro Mazzitelli e Gianfranco D’Atri sostengono a giusta ragione che l’incontro non può definirsi “istituzionale”, poiché il leader pentastellare ha solo un ruolo politico, e in tale veste incontra il Capo dello Stato. Dopo una fase di riflessione post elettorale, e forse colpito da un successo troppo improvviso, la prima forza politica del Paese sottopone le sue valutazioni ed esprime lo stato d’animo dei suoi militanti in questo momento di caos economico ed istituzionale.
«A dispetto dell’oscenità dei titoli sui giornali e i telegiornali, la nostra dignità ed il nostro valore si riconosceranno a prima vista semplicemente interpretando i sentimenti e le aspettative degli autentici cittadini. Il Movimento è approdato in Parlamento per rovesciare il tavolo. I cittadini italiani non sono stupidi e soprattutto sono stanchi del solito teatrino inscenato da istituzioni che non rappresentano più nessuno, nemmeno quei farabutti che le hanno inquinate e che stanno affamando il popolo» sostiene Gianfranco D’Atri.
L’incontro non poteva cadere in un momento più delicato, con la Corte di Cassazione sottoposta ad un pressing psicologico da parte del Pdl per impedirgli di svolgere il suo compito nel pieno rispetto dell’autonomia e indipendenza garantite dalla Costituzione. La decisione di accelerare la sentenza definitiva su uno dei tanti processi del Cavaliere ha provocato una scomposta reazione da parte di chi si preoccupa soltanto dei riflessi politici della decisione della Suprema Corte, incurante della questione principale, che dovrebbe riguardare la colpevolezza o meno dell’imputato.
Il paradosso è che non si ha il timore di una condanna ingiusta, ma delle conseguenze che potrebbe provocare la decisione del tribunale, a prescindere dalla verità processuale. Si pretende l’impunibilità del proprio politico che deve essere al riparo dagli attacchi della magistratura, al riparo della linea Maginot del consenso elettorale. Uno stravolgimento di fatto dell’impianto costituzionale che vuole in primis che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge, salvo casi specificamente previsti dall’ordinamento.
L’incontro sembra programmato da un accorto ed occulto regista che in contemporanea gira la scena di Peppe Grillo impettito in giacca e cravatta, mentre i suoi rappresentanti istituzionali se lo tolgono in segno di protesta per l’incredibile decisione di schierare il Parlamento contro la Magistratura, uno scontro istituzionale di inusitata violenza in un momento molto delicato, quando i segnali congiunturali denunciano una difficoltà di un numero crescente di famiglie a sbarcare il lunario.
Della difficoltà economica del Paese è ben cosciente Beppe Grillo che continua a strillare ai quattro venti che siamo ormai sull’orlo del baratro e i lenitivi fin qui somministrati dal governo servono soltanto a rinviare il giorno del giudizio, ma i quattro cavalieri dell’Apocalisse sono già pronti ad intonare le proprie tube. I segnali che provengono dai mercati e dai cosiddetti poteri forti sono contrastanti. Da un lato si annoverano coloro che continuano a spargere sale sulle ferite, come le società di rating, dall’altro si somministrano sedativi che servono solo a rendere meno insopportabile il senso d’insicurezza e di sfiducia che serpeggia nel Paese. Tra questi vi è la burocrazia europea, che nel confermare la sua linea di rigore, manda segnali rassicuranti come la chiusura della procedura d’infrazione per debito eccessivo.
Mancano misure coraggiose in grado di sospingere i consumi e far ripartire la domanda interna con l’effetto moltiplicatore che si produrrebbe con il rilancio degli investimenti. Ma senza vendite non si programmano investimenti, poiché alla fine la produzione deve trovare una collocazione sul mercato, e il solo export non è sufficiente ad assorbire la produzione nazionale.
La grillonomics contiene ricette interessanti che sarebbe il caso di sperimentare, considerato il totale fallimento del monetarismo e della politica di rigor mortis imposto dalle burocrazie europee. Il reddito di cittadinanza è in grado di dare da subito una forte scossa ad un sistema economico sull’orlo di una crisi depressiva, che potrebbe sfociare in proteste incontrollate e incontrollabili.
Troppi in questi anni hanno evocato scenari apocalittici, in una congiuntura che avrebbe consentito di strutturare una manovra, ma oggi le difficoltà sono reali ed avvertite sulla nuda pelle degli italiani che cominciano a vedere le profonde ferite che si producono.
I precedenti più simili a quelli attuali sono la grande crisi del 1929 e la congiuntura post-bellica caratterizzata da una Europa in macerie, materiali e morali. Da entrambi la via di uscita è stato un coraggioso piano d’investimenti, una scommessa sul futuro: il New Deal rooseveltiano e il Piano Marshall. I temi economici devono diventare i punti determinanti e qualificanti dell’agenda economica, poiché la crisi morde e non c’è tempo da perdere.
L’attuale esecutivo è bollato come governicchio dai pentastellati, poiché finora non è stato in grado di assumere delle decisioni, accontentandosi di allontanare l’amaro calice a momenti più propizi, sperando di poter intercettare la ripresa. Enrico Letta, il Cunctator, è perfettamente consapevole del rischio che la politica del rinvio porti ad un aggravamento delle condizioni del Paese, ma in questo momento non s’intravedono alternative.
Lo scenario è alquanto fosco, ma le forze politiche sono terrorizzate dall’idea di dover affrontare una nuova prova elettorale in questo momento. Il Parlamento è ampiamente rinnovato e vi sono tante figure di secondo piano che temono per la loro sopravvivenza politica, poiché la riconferma del mandato è come giocare un terno secco al lotto su una ruota scelta a caso.
Il governo non cade, perché se cade si stanno già predisponendo le truppe cammellate per salvare la legislatura. L’inquilino del Quirinale non avrà il potere di sciogliere le camere se continuerà ad esistere una maggioranza pronta a sostenere l’attuale compagine di governo o quello che si caverà dal cilindro.
Il Paese ormai ha le ore contate, secondo le analisi pentastellari. Solo un’azione politica coraggiosa, portata avanti con determinazione e senza i veti reciprochi imposti da interessi contrastanti potranno dare risposte reali alle aspettative di governo di questo paese.
Raccogliendo gli umori del popolo della notte, radunati nei MU sotto il manto di stelle, la pentavisita di Beppe ha dato inizio ad una nuova fase di azione del Movimento, le ha consegnato la responsabilità di essere la prima forza politica del Paese, l’unica impegnata e concretamente in grado di risollevarne le sorti. È partita una nuova fase della strategia politica. Finora il movimento ha dovuto subire i contraccolpi di un’aggressione di massa da parte dei partiti e delle istituzioni, dei giornali e delle televisioni. Adesso è arrivato il tempo delle lotte e delle proposte coraggiose: chiedendo a Napolitano di sciogliere le camere, il leader cinquestellare ha voluto mandare un messaggio al suo popolo, ha voluto chiedere maggiore impegno e determinazione nell’azione politica.
Dalla base si alza l’accorato appello, che assume il connotato di un grido di rabbia e d’insofferenza, perché Ë avvertita l’esigenza di cambiare strategia, di rinnovare l’impegno di combattere la casta politica ed economica senza lasciarsi confondere ed omologare con essa.
«Dobbiamo decidere ogni giorno ed ogni momento di liberarci da giacche e cravatte in segno di protesta, proprio così dovremmo ricorrere più spesso a forme di dissenso più consone al nostro modo di essere, il sit-in è perfettamente in linea con l’essere grillini, meglio se lo concordiamo prima, così chiamiamo anche la base a parteciparvi», afferma ad esempio Piergiorgio Lo Duca.
«Dobbiamo osare», sostiene Alessandro Mazzitelli, «nella rete abbiamo uno strumento formidabile che non aspetta altro che un cenno per mobilitarsi se gli diamo le giuste motivazioni, è sempre pronta a rispondere, per come sa e per come deve, basta solo organizzarsi e organizzare la rete.
L’approvazione di un comitato di saggi chiamati a riformare la costituzione è un grave attacco alla nostra carta, poiché di fatto esautora lo stesso Parlamento, che è stato costretto a subire l’autocastrazione».
Stato di agitazione permanente
Le dichiarazioni del Capogruppo Nicola Morra provocano reazioni contrastanti
di Gianfranco D'Atri
La visita di Grillo e Casaleggio (la cui partecipazione è stata fortemente reclamata dagli attivisti) al Presidente Napolitano segna un punto di svolta nella vita del Movimento 5 stelle. E ad interpretare questa svolta si trova in un ruolo chiave il professore cosentino Nicola Morra, al momento - ma speriamo possa essere riconfermato al termine dei tre mesi - capogruppo al Senato.
L’ esperienza dei gruppi pentastellati calabresi, con le loro discussioni animate e posizioni anche conflittuali, gli ha sicuramente fornito una chiave di lettura politica degli avvenimenti e delle persone che lo ha portato a rendere pubblica una apertura all’unica altra forza politica ammissibile e determinante, il Pd.
Ma se la stampa, in particolare lo stesso intervistatore di La Repubblica, tende ad interpretare le sue parole come l’ipotesi di un possibile sostegno/compartecipazione ad un governo del Pd, è per via di una incapacità della politica tradizionale di leggere il fenomeno 5 stelle.
E, dopo il messaggio forte di Beppe Grillo agli italiani - misure urgenti e forti, pari a quelle di un economia di guerra, non possono più aspettare - è miope pensare all’attività parlamentare solo in termini di voto a favore o contro un governo.
Le misure di cui ha bisogno l’Italia non sono misure da prendere con il bilancino, questa si e questa no, contrapponendo di volta in volta specifici interessi, né si riducono all’approvazione di emendamenti e proposizione di mozioni e interrogazioni. Fondamentalmente esse sono contenute nel programma elettorale del Movimento, ma chiaramente vanno declinate in un insieme di norme e singole disposizioni. la loro compatibilità economica può essere garantita solo dall’adozione “contemporanea” di provvedimenti: si può introdurre il reddito di cittadinanza e tagliare L’Irap ma solo se si rinegozia il debito e si tagliano i privilegi delle caste. Altrimenti, togliere Imu, Irap e simili è solo promessa.
Possono i partiti, Pd in testa, esprimere in modo ordinario un governo che assuma provvedimenti che sconvolgono gli equilibri, e quindi mettono in discussione anche i privilegi dei loro grandi elettori?
No.
È evidente, quindi, che i gruppi Cinquestelle non potranno mai “sostenere” un governo del Pd. E allora?
I deputati del Pd possono sicuramente farsi promotori di un Governo a 5 Stelle, vale a dire elaborare una specifica implementazione delle misure straordinarie e necessarie, dopo aver vinto al proprio interno le resistenze corporative e di casta (quanti incarichi in enti pubblici vanno ridimensionati e mutati!). I deputati del Pd possono benissimo diventare , essi stessi, a cinque stelle - senza cambiare gruppo parlamentare - perché il Movimento non e’ un partito, ma un’aggregazione di uomini e donne di buona volontà e ottime idee, che pero’ disturbano i manovratori. Non e’ necessario iscriversi al blog di Beppe Grillo per votare l’ineleggibilità di Berlusconi, per ridursi lo stipendio, rinunciare ai contributi elettorali e votare contro gli F35: se per fare questo si candida un governo con ministri espressi anche dal Pd, perché non dovrebbero i nostri conterranei Morra, Molinari e Barbanti esprimere il loro consenso.
Grillo ha semplicemente sostenuto che e’ arrivata l’ora di un mutamento. Non si può mutare se non si cambiano i paradigmi, anche storici.
Se il Pd vuole cogliere l’occasione, Morra ne ha offerto l’opportunità, ed essendo solo un portavoce, è l’offerta del Movimento.
E per non continuare a fare chiacchiere gli eletti, di buona volontà, del Pd vadano a sottoscrivere le proposte di legge del Movimento e ne sollecitino la calendarizzazione, fornendo anche il loro contributo di elaborazione. I parlamentari sono al servizio del popolo italiano, ed essere d’accordo con i colleghi di altri gruppi non e’ finalizzato solo agli inciuci.
E perché non cominciare con il progetto di legge sulla Lazzati, volto ad eliminare l’appoggio mafioso in campagna elettorale e che e’ stata la prima proposta di legge degli eletti calabresi? Al Senato primo firmatario proprio Morra: facciano seguire le proprie firme i senatori del Pd - tranne ovviamente quelli che non possono farlo! - e, dopo, parleranno di Governo, essendo anche loro 5 Stelle, e perché no, più brillanti.
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