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Mezzoeuro

E naufragar m'è dolce in questo mare

di Oreste Parise

Mezzoeuro Anno XII num. 48 del 30/11/2013


Rende, 29/11/2013


La Banca di Garanzia ha vissuto il suo momento di gloria, esaltando le capacità programmatiche dei principali protagonisti

Una coltre d'oblio ha ricoperto il progetto finito nei faldoni delle opere dimenticate Ma c'è qualcuno che ancora si chiede perché e vorrebbe almeno riavere indietro i denari investiti Si tratta di pochi spiccioli se confrontati con il disastro che stiamo vivendo. Ma in questi tempi calamitosi servono anche quelli

La ferale notizia risale ormai agli inizi di agosto. Sotto la calura estiva in attesa del solleone, la Banca d’Italia, affigge su tutti i giornali un manifesto funebre. La Banca di Garanzia non c’è più.

Il progetto è finito sotto la mannaia e per il momento non se ne parla più. Bisogna dire che probabilmente questo significa che non se ne parlerà più in saecula saeculorum, poiché nessuno si azzarderà più a tentare la scalata di versanti così perigliosi.

Per i tanti progetti che attendono pazientemente di essere realizzati, non vale forse la pena di occuparsi del fallimento di un progetto, tra i tanti che sono finiti nella spazzatura delle brillanti idee industriali.

Qualche parola tuttavia è dovuta a coloro che pur hanno creduto nel progetto ed hanno investito i propri soldi. Si tratta di spiccioli, in questo momento in cui tra tasse e contratasse si parla solo di migliaia di euro da versare allegramente allo Stato.

Siamo tutti contenti di pagare i mutandoni verdi di Roberta Cota (a noi ne spetta qualche spicciolo, inutile fare la faccia storta). Gli spagnoli quando governavano Napoli avevano una maggiore fantasia. Chiamavano donativi le tasse imposte per i grandi eventi di corte, la nascita dell’infante, o il compleanno della regina. Così i bravi sudditi contribuivano allegramente alla felicità della corte.

La Banca di Garanzia resta un progetto valido, poiché risponde ad una esigenza realmente avvertita dal mondo imprenditoriale. «La costituzione della attesa Banca di Garanzia fidi di Cosenza è finalmente una buona notizia, di quelle che in maniera concreta aiutano a stringere i denti ed a proseguire nelle attività imprenditoriali» ebbe ad esempio a dichiarare l’allora presidente dell’Associazione degli Industriali di Cosenza. Non si trattava né di una dichiarazione improvvida, né la voce isolata di un visionario, ma esprimeva un sentimento diffuso, la convenzione che fosse una risposta adatta in un grave momento di crisi.

I fatti gli hanno dato ragione, poiché i segnali provenienti da tutte le indagini degli istituti di ricerca economica segnalano una grave difficoltà delle imprese a trovare il credito necessario a finanziare gli investimenti necessari per sostenere il mercato e ampliare i confini delle aziende operanti nella regione.

Il manifesto funebre della Banca d’Italia non è stato certo un fulmine a ciel sereno, considerato il peso politico ed economico dei proponenti, tra i quali si annoveravano due enti prestigiosi e importanti come l’amministrazione provinciale e la Camera di commercio di Cosenza. Ci saranno stati contatti e conciliaboli informali per trovare una soluzione. Se alla fine ci si è dovuti arrendere significa che si trattava di un nodo gordiano che nessun Alessandro è riuscito a sciogliere con un colpo di spada.

È mancata la pietra filosofale in grado di mutare in denaro contante un impegno di spesa. La causa è da ricercare nei feroci tagli che hanno dovuto subire in questi anni i due enti per effetto delle finanziarie “lineari” che non si sono fatto scrupoli di cernere il grano dall’oglio ed hanno travolto le spese inutili e gli investimenti necessari per la ripartenza.

A chiarimento della vicenda bisogna rilevare che le intenzioni erano buone, le prospettive concrete, l’impegno serio. A questo bisogna aggiungere che le somme accantonate erano solo virtuali, con la conseguenza che non hanno comunque rallentato l’attività dei due enti, ma hanno poi impedito che la Banca d’Italia potesse sentire il tintinnio delle monete per poter concedere l’autorizzazione all’inizio attività.

Un aspetto trascurato è il peso attribuito dalla Banca d’Italia alla qualità del personale proposto alla gestione dell’ente, una valutazione assolutamente discrezionale, che essa utilizza come una tagliola. Se l’idea era buona, la proposta mostrava qualche debolezza congenita nell’eccessiva politicizzazione degli organismi in cui figuravano ottime persone, prive però della necessaria competenza tecnica e dell’autotomia di giudizio indispensabili per evitare il ripetersi degli errori che in un passato non troppo remoto ha provocato il collasso dell’intero sistema creditizio meridionale.

Lo stesso difetto emerge nelle ormai numerose ispezioni della vigilanza sulle uniche superstiti banche locali. Le numerose relazioni ispettive hanno messo in evidenza i guasti provocati da governance di istituti di credito inadeguati rispetto ai compiti che sono chiamati a svolgere, con ricadute negative sull’intera organizzazione aziendale e sulla selezione del personale.

Nel caso della Banca di Garanzia, il comitato promotore costituito a febbraio di un anno fa era costituito quasi esclusivamente da politici, il presidente della Provincia, il sindaco di Cosenza, il presidente della Camera di commercio. A prescindere dalla qualità degli uomini che occupano pro-tempore quel determinato incarico, nel loro operare sono certamente condizionati dal ruolo svolto nella istituzione di appartenenza e non garantiscono la necessari autonomia e competenza.

La mancata creazione della Banca ha creato un vuoto poiché mancano i supporti adeguati per poter assicurare alle imprese un flusso finanziario necessario in questo momento di crisi a sostenere il loro sforzo a restare sul mercato.

La settimana scorsa è stato firmato un protocollo di intesa tra la Fincalabra e la Federazione calabrese delle Bcc con la quale si sono messi a disposizione delle imprese quaranta milioni di euro per la concessione di credito ordinario alle imprese. Il nodo dell’operazione è costituito proprio dalla scarsità delle garanzie che le aziende possono offrire, per il deterioramento dei loro bilanci, e il restringimento dei mercati per la caduta dei consumi e la difficoltà di conquistare mercati esteri.

Il sistema dei confidi operanti nella regione non è in grado di dare risposte adeguate per la frantumazione degli enti, la dimensione non adeguata e la carenza dell’organizzazione.

Sarebbe un risultato di grande rilevanza se il fallimento del progetto di costituzione della Banca di Garanzia si traducesse in una maggiore attenzione della politica regionale nei confronti del credito, che non è in grado di assicurare vaste clientele, sopratutto se gestito in maniera corretta e rigorosa, ma è certamente in grado di dare un grande contributo alla crescita economica del territorio.

Potrebbe essere colta l’occasione di un completo riordino dei confidi con l’aggregazione di quelli esistenti per fa creazione di un organismo unitario che per dimensioni e disponibilità finanziaria sia in grado dare una risposta efficace ai bisogni delle imprese calabresi. Si avrebbe anche il vantaggio di separare in maniera molto netta la politica l’attività creditizia dall’influenza politica.


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4. C O P Y R I G H T

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