Un secolo di memoria idrogeologica dell'area registrata nei minimi dettagli

Oltre le istruzioni per l'uso le carte prevedono la morte

(La Provincia Cosentina dell'8 marzo 2005)

I numeri del Piano Stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico
155
Sono i capoluoghi comunali della provincia di Cosenza a rischio di frana, catalogati in base a coefficienti di rischio che variano da uno a quattro.
174
È il numero delle frazioni cosentine inventariate tra le aree a rischio. Identica alla precedente è la procedura di attribuzione del grado di rischio.
R4
È il grado di rischio idrogeologico elaborata per la frazione Cavallerizzo, definito "molto elevato" o tale da determinare la perdita della vita.
I dati, solo parzialmente esposti sono tratti dagli Atti degli incontri Tecnici Seminariali sulle Linee Guida Piano Stralcio per l'Assetto Idrogeologico (P.A.I.) - Calabria

Rischio quattro. Così è catalogata Cavallerizzo. È il grado più elevato del rischio di frana, elevato tanto da determinare la possibilità di perdita di vite umane. Scongiurata. 

Un secolo di storia idrogeologica del territorio in questione non è valsa a evitare il disastro. 

Trecento anime hanno da sempre ben saputo di non potere espandere in alcun modo il proprio luogo di vita. Unici interventi possibili, le opere di consolidamento. Costosissime: mai fatte. 

Tuttavia, se aver compagno al duol scema la pena, Cavallerizzo non è l'unica frazione cosentina nel registro. Il rischio frana ne conta altre centosettantatre, esclusi i capoluoghi di Comune che assommano invece a centocinquantacinque. In sintesi, la provincia va verso il fondo. 

Ma quella di Cavallerizzo di Cerzeto è una situazione particolarmente difficile: sorge giustappunto su una faglia che divide un versante sud ovest di roccia alpina da quello nord-nord est di argilla. Già vicina al punto di rottura, si spera che la faglia stia buona ancora a lungo. 

Terremoto a parte, è invece il terreno argilloso a costituire quella che i geologi chiamano "causa predisponente" del fenomeno franoso. L'acqua piovana - causa scatenante - ha fatto il resto.  E se non bastasse c'è pure la concausa. 

La fonte del parere è ancora una volta negli studiosi della scienza della Terra. Tra gli avvallamenti di Cavallerizzo e Cerzeto c'è un corso d'acqua il cui alveo è da sempre sottoposto a un naturale processo di erosione cosiddetta accelerata. Si è in presenza di una miscela esplosiva di fattori naturali d'instabilità. 

In uno studio risalente al 1983, depositato con tanto di cartografia nel comune di Cerzeto, è disegnato punto per punto il destino della frazione devastata. L'errore non c' era. Unico imprevisto, la dimensione della frana. Pensata forse meno vasta. Il contesto è ulteriormente più preoccupante perché c'è pure il passaggio della conduttura - interrata in corrispondenza delle zone franose - dell'acquedotto Abatemarco. 

Circa cento famiglie sanno che il primo movimento franoso di ciò che resta della loro Frazione risale - almeno a memoria -al 1917. 

"Sta cadendo la montagna" si poteva sentir dire ai vicini abitanti del capoluogo comunale. Tra loro tanti i parenti di chi sino a ieri abitava il piccolo borgo che fu.

Luigi Guido


Le rivelazioni in un'intervista a Vincenzo Rizzo, membro del Consiglio Nazionale delle Ricerche

"A maggio dell'anno scorso i risultati allarmanti la falda acquifera era cresciuta di due metri."

Motivazioni profonde, che vengono da lontano. Se n'è scritto, parlato, allertato. Il problema di Cavallerizzo e dei tanti campanelli d'allarme provenienti da territori come il colle di Dipignano, Contrada Serra di Buda ad Acri e alcune zone di Carpanzano, però rimane. E ripropone in tutta la sua drammaticità un'area che continua ad essere dissesto idrogeologico in piena regola o, come si diceva una volta, "sfasciume pendulo". Il disastro, prevedibile, non ha ancora concluso il suo incedere. 

Vincenzo Rizzo, ricercatore del Cnr (Consiglio Nazionale Ricerche), argomenta. Le sue parole scorrono come un fiume carsico, un percorso sotterraneo che giunge da lontano. "Nel biennio 2000-2001 abbiamo eseguito attività di monitoraggio con pochissime risorse. Per la verità, non ci sono mai state grandi risorse destinate a questo problema. Le uniche sono state messe a disposizione dal comune di Cerzeto. Con questi finanziamenti ci siamo dotati di apparecchiature per intraprendere studi mirati. I rilevamenti riguardavano la posizione del piano di scorrimento e le oscillazioni della falda acquifera. Avevamo reso pubblici i risultati quattro anni fa, in un apposito convegno, disponendo sul da farsi. Tutto è finito lì. Successivamente abbiamo fatto rilevamenti con scadenze periodiche, la convenzione era infatti scaduta nel 2001. A maggio dell'anno scorso la falda era cresciuta di due metri. Preoccupati, abbiamo informato il comune di Cerzeto. Era un sollevamento anomalo. Ci siamo accorti che c'era il tubo chilometrico deformato in profondità. I dati confermavano i primi risultati: la falda era salita di quasi sette metri rispetto agli anni precedenti. Abbiamo messo in allarme la popolazione - continua Rizzo - e informato il tecnico comunale per misurare giornalmente il livello dell'acqua e i continui movimenti. Sempre nel biennio 2000-2001 furono proposti diversi interventi tipo sulla condotta fognante lesionata e due progetti che dovevano incidere in maniera drastica sul problema. Uno consisteva nella costruzione di una palificata - una serie di pali per reggere il pendio - e l'altro era quello di creare un drenaggio per non mettere in crisi la stabilità del pendio stesso. In mancanza di interventi la falda d'acqua si è sollevata di cinque metri. Se ci fosse stato un drenaggio efficiente, pur avanzando, non sarebbe arrivata a questo punto critico. Dieci giorni fa la frana si stava ormai muovendo di circa mezzo centimetro al giorno. Un valore di assoluta allerta. Così, si sono attivate altre misure di emergenza, come il posizionamento di un apparecchio". E ancora: "Sta di fatto che dopo il 2001 è prevalsa l'assenza di risorse e tutto ciò che è stato fatto, l'abbiamo realizzato con l'aiuto dei tecnici e della gente del posto. Il primo allerta era stato lanciato l'anno scorso a maggio. La prevenzione era da affrontare da tempo e doveva investire tutto il comparto ambientale e idrogeologico. Bisognerà prestare maggiore attenzione alle segnalazioni e alle preoccupazioni che provengono dalle popolazioni locali e dai loro rappresentanti più diretti perché chi di competenza agisca per tempo". 

Il momento della riflessione verrà. La terra continua a cedere. 

Emanuela Furfaro


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