Castrovillari, 14 gennaio 2006 Sala Consiliare
L'istruzione scolastica è strettamente collegata con i diritti di cittadinanza, con la formazione di cittadini consapevoli dei propri diritti, aventi la possibilità di partecipare a pieno titolo alla vita democratica, alle scelte. Senza una piena consapevolezza, la capacità di lettura della realtà anche il diritto di voto, e con esso lo stesso sistema democratico diventa precario, strumentalizzabile con una sapiente manipolazione degli strumenti di comunicazione di massa.
Il rischio populista di oggi si è trasferito dalle piazze all'agorà televisivo dove si tenta con tutti i mezzi di imporre una cultura da Suburra, volgare, grossière, incolta, che tenta di sprigionare le pulsioni più basse, la pruderie, il pettegolezzo, il chiacchierio indistinto dell'uomo qualunque che per la gloria mediatica si trasforma in opinionista, in veicolatore di idee e di messaggi. Il grande ignorante, ma ottimo cantante, come Adriano Celentano, si trasforma in profeta, filosofo oscurando per capillarità le riflessioni ponderate di un compianto Bobbio o di Umberto Eco, che si trasformano in predicatori senza platea.
Ebbene il livello di dignità, di consapevolezza di sé ha bisogno di una piena affermazione della coscienza, che può formarsi solo con la conoscenza. Senza una adeguata formazione, una educazione che deve iniziare fin dalle prime fasi di crescita non si possono creare dei cittadini aventi pieno diritto di cittadinanza, che possono cioè godere della pienezza dei loro diritti.
Il compito della collettività, e della sua organizzazione statuale, sotto qualsiasi forma la si voglia concepire, non può limitarsi alla soddisfazione dei bisogni primordiali, alle pulsioni più darwiniane, legate alla nostra stretta correlazione con il mondo animale, anche se la teoria evoluzionistica è stata oggetto di una fatwa neocon. Deve avere come suo principale obiettivo elevazione civile, la formazione di una coscienza etica, di una "anima" laica, dare a ciascuno i talenti da investire nel suo ruolo di cittadino.
Ebbene se guardiano il processo di formazione dello Stato unitario e la successiva storia post-risorgimentale non possiamo dimenticare che vi sono state cause strutturali, motivi organici che hanno determinato la dicotomia dello sviluppo, che ha portato ad una divaricazione estrema tra le aree più ricche del Paese e quelle meno fortunate, per usare un eufemismo.
Non rifiutiamo l'esito di quel processo, ci sentiamo tutti orgogliosi di essere cittadini di un grande Stato, che si è guadagnato rispetto e prestigio nell'assise internazionale. Non vogliamo tornare indietro, richiamare i Borboni per ricostituire il Regno del Sud. Tuttavia una riscrittura di quella storia che renda giustizia al Sud è necessaria per evitare oggi nuovi e più gravi ingiustizie, per evitare di scavare ulteriormente il solco che ci divide dai fratelli del Nord. Non è questa la sede per iniziare discorsi del genere, ma vorrei sottolineare che la scuola non fa niente, o quanto meno non fa abbastanza, per rappresentare correttamente il processo storico, limitandosi a ripetere stancamente la favole dell'epopea risorgimentale e delle sue mitizzazioni, senza alcun accenno ai mille lati oscuri di quella vicenda, alle sofferenze ed alle repressioni feroci seguite alla mitica spedizione garibaldina.
Tuttavia, vi sono stati dei processi veramente unificanti, che hanno trasformato il nostro Paese, portando anche il Sud ad un livello di consumi paragonabile con le società più avanzate d'Europa. Ho fatto riferimento volutamente ai consumi, poiché da un punto di vista produttivo restiamo una economia dipendente, una società ancora "malata".
Esaminiamoli brevemente:
a) La leva obbligatoria, con l'unificazione dell'esercito e dei corpi di sicurezza (polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza, corpo forestale, guardia costiera ecc.). In molti sottolineano che il vero afflato unitario si è realizzato nell'abbraccio mortale dei tanti giovani morti sul Carso nella prima guerra mondiale. Lo Stato unitario si è fatto carico della sicurezza nazionale, dell'ordine pubblico, della difesa dei cittadini.
b) L'unificazione legislativa e giudiziaria, che ha eliminato le tante distorsioni della giustizia, che particolarmente nel Sud risentivano ancora della tradizione feudale, del carattere "privatistico" e localistico dell'Amministrazione della Giustizia. Tanti sono ancora i problemi irrisolti della Giustizia, ma è molto dubbi che possano trovare soluzione con la regressione al localismo;
c) La centralizzazione del processo di formazione scolastica, che ha consentito una unificazione culturale del Paese. Se sono qui e sono in grado di usare una lingua comprensibile a tutti lo dobbiamo anche a questo processo. Vi sono stati molti difetti, come la sistematica cancellazione della cultura locale, delle nobili tradizioni letterarie al di fuori dei grandi nomi della letteratura nazionale. Citiamo il totale oblio di Galeazzo di Tarsia in Calabria o il mancato accenno a Giovanbattista Basile e del suo "Cunto de li Cunti", la prima raccolta sistematica della favolistica meridionale, esaltato da Benedetto Croce, che è stata la base della favolistica europea dei F.lli Grimm e di Andersen. Noi ricordiamo Cinderella, come un prodotto hollywoodiano, per merito di Walt Disney, ma la favola di Cenerentola si trova in Giovanbattista Basile, fa parte della nostra tradizione e della nostra cultura. Non credo che la scuola faccia gran che per togliere almeno uno strato di questa coltre polverosa di oblio...
c)Il progresso del sistema di assistenza sanitaria.
Non ho fatto casualmente cenno a queste tematiche, poiché esse rappresentano il clou dello spezzatino istituzionale che si vuole instaurare con la "devolution". Si vuole avviare un processo di dissoluzione dello Stato unitario, incidendo proprio su quelli che sono stati gli elementi positivi di quel processo. Non si parla delle ingiustizie, del persistente divario di sviluppo, dello stato deplorevole delle infrastrutture, dello scarso impegno dello Stato a garantire la sicurezza, della concentrazione degli investimenti nel Nord del Paese. Di questo non si parla, si continua a considerare l'intervento nel Sud come una opera di accattonaggio, una elemosina che si deve al questuante, accompagnato dal fastidio della sua querula richiesta. Ebbene questo è inaccettabile, non si può continuare alla favola di un Sud assistito da un Nord che si dissangua per portare aiuto ai suoi fratelli più sfortunati. Lo Stato ha fatto poco per il Sud, che è stato sistematimaticamente turlupinato, sbeffeggiato. In 150 anni non siamo riusciti ancora a diventare cittadini italiani a pieno titolo, con pari dignità ed opportunità, con servizi civili efficienti, con la dignità di un lavoro, ed ora ci viene detto semplicemente: "arrangiatevi, sono fatti vostri, dovete farcela con le vostre forze, abbiamo dato abbastanza..." Dobbiamo dire no all'ultima beffa, andando a votare in massa al referendum.
Consentitemi una nota polemica nei confronti della sinistra, della sinistra di governo che ha commesso molti errori in questa direzione, per un cedimento dei suoi valori, della sua tradizione culturale, di principi strenuamente difesi per decenni e lasciati sepolti sotto le macerie del muro di Berlino. Quelle macerie ha sepolto un sistema politico-istituzionale, la realizzazione di una società iniqua all'ombra e facendosi scudo di principi ed idee che restano tuttora vitali, importanti per la nostra crescita democratica. Finché esisterà l'ingiustizia continueranno ad esserci dei comunisti, degli egalitari, come ha ricordato Bertinotti a "Porta a porta", nel confronto televisivo con Berlusconi.
Due sono in particolare i cedimenti "strutturali", che equivalgono alla perdita della propria identità storica, che voglio ricordare:
L'abbandono della prassi istituzionale consolidata per un lungo periodo di rispetto da parte di tutte le forze politiche che le riforme costituzionali devono essere il frutto di una intesa plurale, di una condivisione fra le tutte le forze politiche, trattandosi delle regole del gioco, dei principi fondanti della convivenza civile. Con la riforma del Titolo V, il cosiddetto federalismo di sinistra, fatto per esorcizzare le tentazioni scissionistiche della Lega, si è prodotto un vulnus irreparabile, senza un solenne autodafé della sinistra che dichiari di rinunciare per sempre alle Costituzioni vintage, di annata, frutto di una provvisoria maggioranza. Quella riforma è stata fatta sul finire della legislatura, con un margine di voti risicatissimo (soli quattro, di cui uno portato addirittura in barella, per la cronaca si trattava di Norberto Bobbio).
La devolution è il frutto amaro di quella scelta, che ha legittimato l'arroganza costituzionale dell'attuale maggioranza. Ebbene dobbiamo prepararci a dire no alla devolution ed a tutte le "Costituzioni vintage". La Costituzione è un patto fondamentale tra tutti i componenti della collettività, e deve raccogliere le norme ed i principi condivisi per una convivenza civile e democratica.
Il secondo accenno merita il cedimento culturale sulla scuola privata e sugli aiuti di stato. Bisogna ribadire con forza che vi sono compiti fondamentali che lo Stato non può abbandonare, non è possibile privatizzare. Neanche di fronte alle rivendicazioni del mondo ecclesiastico. Hanno mezzi e strumenti per agire in questo settore come e quando vogliono, ma il bisogno di cultura, di istruzione deve essere soddisfatto dallo Stato. Non vi sono dubbi che è giusto dire no al panettone di Stato (Motta ed Alemagna erano aziende pubbliche e questo è francamente inaccettabile), ma bisogna dire no alla privatizzatazione della scuola, della giustizia, della sicurezza, della rappresentanza diplomatica, dei grandi servizi essenziali come i trasporti e non continuo perché solo un serio confronto può dire dove fermarsi. Lo Stato non deve essere quello hobbesiano o sovietico, biecamente oppressivo, ma non può rinunciare al suo ruolo fondamentale.
La scuola non può diventare né localistica, né privata. Questo mi sembra un punto fondamentale se non vogliamo una regressione al medio evo. Men che mai si può legare la formazione di un cittadino consapevole solo alle risorse del territorio. Vi sono rinunce possibili, come l'eccesso di consumismo. Vi sono opzioni irrinunciabili, come quella che l'istruzione di base non solo deve essere garantita a tutti, ma tutti devono avere una scuola di qualità, evitando la formazione di cittadini di serie A e di serie B. Questo è fondamentale in uno stato democratico.
Il rispetto di questo principio oggi è diventato ancora più importante poiché viviamo in un periodo di "contaminazione" sociale e culturale per la sempre maggiore presenza di cittadini di ogni nazionalità, cultura e religione sul nostro territorio. Non possiamo accontentarci che il processo di amalgama sia causale, ma deve rispondere a criteri unificanti se vogliamo costruire una società multiculturale.
Non mi soffermo sull'istruzione superiore ed universitaria. Credo che sia un grande dovere per ogni sincero democratico difenderne il carattere pubblico e di accessibilità economica ad ogni cittadino meritevole per poter valorizzare le migliori menti, le migliori intelligenze, ma non ho tempo e competenza per approfondire una tematica così impegnativa.
Chiudo con un appello. Sono qui come cittadino e come rappresentante del Comitato Civico in difesa della costituzione che abbiamo recentemente costituito, con il contributo di Piero Minutolo e del Prof. Silvio Gambino della Università della Calabria. Cerchiamo adesioni per un fermo no a questo sciagurato disegno leghista.
La devolution intacca il welfare, lo stato etico, incide significativamente sul diritto di cittadinanza, sulla eguaglianza sostanziale dei cittadini che avranno una piena dignità solo se hanno pari opportunità. Il benessere economico ed il progresso civile non possono essere legati al territorio ed alle sue risorse, ma devono essere il frutto di principi etico-morali, al senso di solidarietà, ad un insieme di valori, che caratterizzano una civiltà-
Se abbandoniamo questa impostazione rischiamo uno regressione non solo economica, ma la decurtazione delle risorse nelle regioni deboli, poiché di questo si tratta, non può che accentuare le diversità tra le varie aree estendendone gli effetti anche nella istruzione, nella sicurezza, e cosi via.
Non credo occorre aggiungere altro. Nell'ultima fase del suo governo la signora Thatcher aveva commissionato una ricerca per quantificare il risparmio del Servizio Sanitario Nazionale inglese derivante dal rifiuto dell'assistenza a tutti i rottami umani, i vecchi senza risorse. Per fortuna è stata sconfitta, ma resta il veleno amaro di quella cultura, che noi non vogliamo raccogliere. Vogliamo continuare a vivere in uno stato democratico che abbia come suo fondamento il principio etico, il dovere morale di dare ad ogni cittadino una pari opportunità, una pari dignità, gli stessi talenti da investire per migliorare la propria esistenza.
Oreste Parise