Rrëkimi i Dragut

Rrëkimi i Dragut (Il rantolo del Drago - di San Giorgio, ovviamente quale protettore di Cavallerizzo) è un ish-blog (un blog ante literam), vale a dire un antico giornale on-line (sic!) fondato nel lontano 1400 (e qualcosa, la data esatta si perde nella notte dei tempi) da qualche Oreste Parise (certo un antenato.) che non ha mai interrotto la pubblicazione. Tuttavia, i suoi numeri sono andati tutti perduti e non se ne ha più traccia. Anche attualmente è una pubblicazione preziosa che si distingue per la sua irreperibilità. Ho cercato di ricostruirne qualche numero, a caso. Se mi visiti ogni tanto potrai trovare qualche novità, a sorpresa (niente sesso, jam arbrësh!). Ma perchè si è voluto testimoniare la sofferenza del drago? In un antico manoscritto, che si è cercato di decifrare a fatica, si legge la seguente motivazione: La lotta tra San Giorgio e il Drago vuole rappresentare l'eterna lotta tra il bene ed il male. I buoni, personificazione del bene, sono sempre i vincitori che scrivono "la Storia". Gli sconfitti, personificazione stessa del male, sono sempre bruzî e . cattivi!

San Giorgio ed il Drago

Un evidente esempio del bene sono i Piemontesi, cioè i "Taliani", che scendono nel martoriato Sud per sconfiggere i cattivi Borboni. I "Taliani" hanno scritto la loro epopea e l'hanno chiamata Risorgimento. Noi però non siamo "risorgiuti"! Ma che ne è stato del Drago? Non sarebbe interessante cogliere l'ultimo flebile lamento che testimonia la sua sconfitta? Anche il Drago aveva un'anima prima di esalare l'ultimo respiro, ma sarà stato vero?

In una e-mail ricevuta da una persona a me molto cara si legge:

L'unica cosa che mi lascia perplessa è la tua spiegazione sul perché scegliere di ascoltare il lamento del drago e cioè stare in qualche modo dalla parte dei Borboni non mi fa stare completamente a mio agio anche loro sono stati dei bastardi che hanno contribuito a fare del Sud l'ultima ruota del carro.ed allora non riesco a sentirmi in nessun modo trasportata dal drago se per drago si intendono loro. A parte questa cosa, alla quale si può ovviare visto che il ragionamento ci porta a mettere a confronto due macro entità come il male ed il bene mi è piaciuto tutto.

L'intento non è esattamente di porsi dalla parte dei Borboni, ma dei vinti - il popolo, la gente in primo luogo - dalla parte di coloro ai quali è stato rifiutato il diritto di poter compiutamente esprimere il proprio disagio, la propria contrarietà ad un evento più subito che accettato con l'entusiasmo che si vorrebbe testimoniare e legittimare con i plebisciti-farsa post unitari. Ma anche dalla parte dei Borboni, senza dubbio alcuno (senza se e senza ma, prendendo in prestito un'espressione attuale). Non sono d'accordo con il giudizio pesantemente negativo su di loro, che sembra più un pregiudizio che si è cercato di far passare per una verità storica incontrovertibile. Credo che siano vittima, dei propri errori senza alcun dubbio, perché non si perde un Regno con una farsa, ma anche della "damnatio memoriae" necessaria alla retorica risorgimentale. Perché il drago, comunque? Resta un essere negativo, che suscita pietà quando lo si immagina contorcersi dal dolore. Da Teseo a San Giorgio, sconfiggere il Minotauro o il Drago è un gesto molto meritorio e trasforma l'uccisore in un eroe. Il popolo meridionale che si è ribellato nel 1861-64, non era costituito solo da delusi, scontenti, oppositori ecc., tra di essi vi erano anche delinquenti ed assassini. Il vero drago è il popolo meridionale che si è rivoltato continuamente nel corso della sua storia, contro gli angioini, gli aragonesi, i borboni, i francesi e prima ancora contro romani, arabi e saraceni, visigoti e normanni, elencati in ordine sparso. È stato sempre sconfitto perchè non voleva un cambiamento diverso, ma una rivoluzione sociale. Garibaldi è stato responsabile di un'illusione con il suo socialismo velleitario ed inconcludente e ha tradito le speranze e le aspettative del drago. La rivolta è continuata, infatti, anche dopo l'annessione e la proclamazione dell'Unità. Lo aveva già fatto nel 1799, ma si dimentica spesso quali erano le cause del profondo malessere allora e successivamente dopo l'Unità. Il brigantaggio era un violento attacco alla società civile e trovava consenso e sostegno tra gli aristocratici ed il clero, che vedevano minacciato il loro ruolo, ma anche tra i contadini, gli sbandati che facevano parte dell'esercito e della burocrazia borbonica esautorata e i tanti garibaldini che si erano uniti entusiasti alle camicie rosse. Dai piemontesi non ricevettero neanche un frettoloso grazie, ma una lettera di benservito e furono mandati a casa. Il malcontento è un coacervo di interessi molto variegato, ma esprime un disagio, un malessere ed anche delle istanze di giustizia che forse avrebbero meritato una risposta diversa dalla sola corda del Colonnello Pietro Fumel. Il Sud andava "normalizzato" ma forse un "Piano Marshall" avrebbe contribuito a creare una Nazione molto più efficacemente dei 150.000 uomini del Generale Cialdini!

Nel frattempo il giornalino ha cambiato il suo titolo in "Rrëkimi i Dragut": ankimi è un termine più letterario, e quasi sconosciuto tra i parlanti locali. "Rrëkimi" è comunemente utilizzato per dire lamento, rantolo e mi sembra più idoneo a rappresentare l'urlo di protesta del Meridione (la correzione non è mia ma frutto di un suggerimento popolare). Quando l'eco di quell'urlo si è disperso tra gli aspri monti dell'Appennino, la protesta si è trasformata in una fuga di massa: l'emigrazione. 

Forse dalle piccole storie delle persone che portano lo stesso nostro cognome, la grande Storia assume una luce diversa, più terribile e familiare. Non riguarda sempre gli altri, ma ci colpisce nel nostro quotidiano, e si ritrova nella nostra esperienza e nel nostro inconscio collettivo.

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